Applicazioni in edilizia

L’EPS NELL’ISOLAMENTO DEI TETTI A FALDE

Il tetto a falde è caratterizzato, nella massima parte dei casi, da una copertura costituita da elementi di piccole o medie dimensioni, comunemente designata come “copertura discontinua”.
Con questo termine si intende una chiusura superiore costituita da un insieme di elementi che assicurano la tenuta all’acqua solo per valori della pendenza superiori ad un minimo, dipendente dal tipo di copertura.
Le odierne esigenze di isolamento termico, sia per motivi di benessere abitativo, che di risparmio energetico, hanno naturalmente portato a fissare l’attenzione sui tipi di coperture a falde comprendenti uno strato termoisolante.
Particolarmente nei casi, sempre più frequenti, sia nelle nuove costruzioni che nelle ristrutturazioni, in cui si vuole sfruttare a scopo abitativo lo spazio immediatamente sottostante al tetto a falde, l’impiego di EPS si è rivelato uno dei più convenienti, oltre che economicamente, anche tecnicamente, sia per le sue caratteristiche geometriche e meccaniche, che di stabilità nel tempo e di insensibilità all’acqua.
Il sistema concettualmente migliore è l’isolamento sopra l’orditura portante della copertura (n° 2 e 3 della classificazione ISO, Tab. 1), perchè sopprime i ponti termici e contribuisce alla protezione della struttura portante.
Nel caso delle ristrutturazioni, questo sistema comporta lo smontaggio della vecchia copertura, prima dell’applicazione dell’isolante; tuttavia, quando la sostituzione della copertura è prevista per motivi di manutenzione straordinaria o rinnovamento edilizio, l’inserzione dell’isolante in questo modo risulterò particolarmente conveniente.
L’applicazione (Fig. 1) prevede il fissaggio delle lastre di EPS all’ordintura insieme a listelli di legno disposti nel senso della pendenza del tetto, per mezzo di chiodi inossidabili o tasselli ad espansione, secondo la natura del supporto. Su questi listelli sono inchiodati, in senso orizzontale, i listelli di aggancio delle tegole.

In alternativa alle lastre, si possono usare manufatti stampati, che portano sulla faccia superiore apposite sporgenze per l’aggancio delle tegole. Altre lastre sagomate si usano per coperture a coppi o ondulate.
L’applicazione va fatta avendo cura che in gronda e in colmo vi siano opportune aperture per assicurare la ventilazione sotto la copertura.
Quando non si può operare sopra l’orditura, un isolamento efficace può ancora essere ottenuto in maniera poco dispendiosa operando dall’interno. Un sistema (ISO n°1) consiste nell’inserire l’EPS, tagliato nelal giusta larghezza, fra i travi dell’orditura (Fig. 2), dopo aver applicato lungo le stesse dei listelli che servono di battuta alle lastre di EPS. Il lavoro viene ultimato con l’applicazione di un rivestimento (perline, compensato, laminati, cartongesso), fissato all’orditura, al quale, se necessario, si sovrappone una finitura (pitturazione, tappezzeria, ecc.). Il sistema lascia scoperti i ponti termici costituiti dall’orditura, non molto importanti se questa è di legno; per contro ha il vantaggio di non rubare spazio al vano interno. In alternativa a questo sistema, e con il vantaggio di sopprimere i ponti termici, l’isolante può essere fissato sotto l’orditura (ISO n° 4), preferibilmente previo fissaggio sulla stessa di una orditura secondaria in legno (Fig. 3), con un passo corrispondente alle dimensioni delle lastre di EPS. Un buon modo di eseguire questo isolamento è quello di usare pannelli bistrato EPS/cartongesso; si ha il vantaggio di impiegare pochi listelli di orditura secondaria e di avere una superficie già pronta per la finitura.

L’EPS NELL’ISOLAMENTO DEI TETTI PIANI

Il modo più tradizionale per isolare un tetto piano è quello di porre lo strato isolante sotto l’impermeabilizzazione (ISO n° 5, 7, 8, 9). In questa situazione il sistema è sottoposto a notevoli solelcitazioni igrotermiche e meccaniche; in particolare l’impermeabilizzazione è spesso esposta direttamente alle intemperie e, dato il suo colore generalmente scuro, sollecita a sua volta termicamente l’isolante sottoposto. La sua realizzazione richiede quindi una buona esperienza, sia in progettazione, che in esecuzione. L’EPS, fin dalle sue origini, è stato utilizzato in queste applicazioni e i saggi eseguiti periodicamente su tali prime applicazioni hanno dimostrato che anche in questo, è uno dei casi più impegnativi di isolamento, l’EPS offre prestazioni perfettamente adeguate, quando l’esecuzione sia fatta a regola d’arte. La stratificazione comprende solitamente, sopra la struttura portante, uno strato separatore – equilibratore, per la protezione degli strati soprastanti dalle asperità della struttura portante e l’assorbimento dei movimenti di origine termica o di assestamento, poi una barriera vapore e su questa l’EPS. Il tipo va scelto, secondo il carico previsto. Sono disponibili anche pannelli o rotoli di strisce di EPS che portano già attaccate sulla faccia superiore un foglio catramato; si trovano pure, all’estero per ora, pannelli a spessore variabile a cuneo, per realizzare la pendenza di scolo mediante lo strato coibente. Sopra l’EPS si pone uno strato di tessuto non tessuto per equilibrare la pressione di vapore e su questo lo strato di impermeabilizzazione costituito da foglie a base bituminosa o polimerica di vario tipo. La stratificazione è completa superiormente con uno strato di protezione e zavorramento (ghiaia o quadrotti in calcestruzzo), che assicura l’integrità dell’impermeabilizzazione contro le azioni esterne e si contrappone al sollevamento della copertura provocato dal vento. Stratificazioni funzionalmente analoghe si hanno anche quando la struttura portante è in lamiera nervata di acciaio (ISO n° 7) oppure discontinua (ISO n° 5); in quest’ultimo caso si ripetono le situazioni illustrate per i tetti a falde; in particolare l’isolante può essere inserito fra le travi o sopra o sotto di esse. Poichè il componente più sollecitato del sistema di isolamento dei tetti piani sopra descritto è sempre lo strato di impermeabilizzazione, si è pensato di invertirne la posizione rispetto all’isolante, ponendolo sotto questo e proteggendo così l’impermeabilizzazione da eccessive escursioni termiche. E’ nato così il tetto rovescio (ISO n° 6).

In questo caso l’isolante deve sopportare non soltanto le escursioni termiche, ma anche il contatto diretto con l’acqua meteorica. Pochi materiali si sono dimostrati idonei a questa applicazione e fra questi è stato riconosciuto ed accreditato ufficialmente l’EPS, in virtù soprattutto della quasi nulla influenza che il contatto con l’acqua ha sulle sue caratteristiche di isolamento termico. Le stratificazioni, a parte l’inversione sopra detta, procedono sostanzialmente come prima descritto. Poichè l’acqua meteorica, passando attraverso le giunzioni dei pannelli, defluisce scorrendo a contatto dell’impermeabilizzazione, in caso di pioggia si ha un raffrescamento della struttura portante, di cui si può tenere conto con uno spessore dell’isolante leggermente maggiorato (10%), oppure mettendo una parete dello spessore sotto l’impermeabilizzazione (tetto sandwich). Il peso della zavorra va calcolato in modo da evitare fenomeni di galleggiamento dell’isolante in caso di forti piogge o difficoltà di scarico. In tutti i sistemi di isolamento dei tetti piani, la corretta esecuzione dei punti singolari (scarichi, sfiati, uscite verticali, ecc.) è fondamentale per la buona riuscita. Questi aspetti, inclusi quelil generali dell’isolamento dei tetti piani, sono trattati in modo particolareggiato nel secondo volume.

L’EPS NELL’ISOLAMENTO DELLE PARETI VERTICALI DALL’ESTERNO

L’isolamento dall’esterno delle pareti verticali è, in linea di principio, il più efficiente, perchè sopprime i ponti termici, riduce i movimenti differenziali di origine termica delle strutture ed accresce l’inerzia termica dell’edificio. L’isolante è parciolarmente soggetto alle sollecitazioni igrotermiche, ma l’EPS è, da questo punto di vista, uno dei materiali più qualificati e molto spesso l’unica scelta possibile. Il tipo più comune di isolamento dall’esterno delle pareti verticali è quello con intonaco sottile su isolante, comunemente detto “a cappotto” (classifica ISO n. 10). È essenzialmente costituito da lastre di EPS applicate alla superficie esterna e rivestite con un intonaco di appropriate caratteristiche.

L’EPS è generalmente di 20 Kg/m3 a ritardata propagazione di fiamma, esclusivamente in lastre da m 0,5 x 1, tagliate da blocco o stampate con tolleranze più strette di quelle correnti; il blocco al momento del taglio deve avere una stagionatura di 6-8 settimane, al fine di minimizzare eventuali ritiri dopo l’applicazione. Le lastre vengono fissate alla muratura con apposite malte o con accorgimenti meccanici (se l’intonaco preesistente è in cattive condizioni). La finitura esterna è costituita da un primo strato di malta (la stessa usata come adesivo), rinforzata con una rete di fibre di vetro rese alcali-resistenti con un apposito appretto, ed un secondo strato di intonaco plastico di finitura. Quest’ultimo deve essere preferibilmente di colore chiaro, per diminuire l’assorbimento di calore radiante, deve essere resistente alla luce, elastico, idrorepellente per impedire l’infiltrazione della pioggia battente e nel contempo di bassa resistenza al passaggio del vapore proveniente dall’interno. L’esperienza più che ventennale di questa tecnologia assicura una buona e duratura riuscita se tutti i componenti sono accuratamente scelti e copatibili fra di loro e l’applicazione è fatta da persone specializzate.

Una garanzia è offerta dalle ditte che forniscono sistemi conformi alle apposite Direttive emanate dall’EOTA; le relative dichiarazioni di conformità (Agréments) sono rilasciate in Italia dall’ITC, Istituto del Consiglio Nazionale delle Ricerche. Nel caso di impiego di isolamento a cappotto nelle costruzioni nuove, oltre ai benefici fisici dell’isolamento dall’esterno, quando questo sistema è già previsto in fase di progettazione, si possono avere importanti benefici economici, non soltanto perchè i patricolari (spigoli, aperture, cornici, ecc.) possono essere risolti nel modo più conveniente, ma soprattutto perchè il tamponamento può essere semplice e, con una struttura portante dimensionata in corrispondenza; a pari dimensioni esterne, si ha una superficie interna utile maggiore, con un aumento di valore del fabbricato che può essere cospicuo. L’applicazione dell’isolamento a cappotto agli edifici esistenti può creare qualche problema o maggior costo per risolvere adeguatamente i punti singolari, ma in generale resta sempre l’intervento più semplice ed economico, specialmente quando un intervento di ripristino della facciata è comunque richiesto per motivi di manutenzione strordinaria. L’efficace isolamento dei ponti termici fa sì che il livello globale di isolamento richiesto per l’edificio possa essere raggiunto con spessori di EPS minori che con altri sistemi. Si consiglia comunque di non scendere sotto i 40 mm. Il sistema di isolamento a cappotto delle facciate non contribuisce, come hanno dimostrato prove di esperienze pratiche, alla diffusione di un eventuale incendio; i sistemi certificati adottano tuttavia i tipi RF di EPS. Un sistema di isolamento dall’esterno meno usato in Italia, anche perchè si discosta di più dai nostri sistemi tradizionali di finitura, è quello della cosiddetta “facciata ventilata”. In questo sistema l’EPS viene applicato al muro con fissaggi meccanici più spesso che con collanti; sopra le lastre o inserita fra di esse è fissata un’orditura in legno o metallica, alla quale a sua volta è fissato il rivestimento in modo tale che fra esso e l’EPS si formi una camera d’aria di 2-5 cm, in comunicazione con l’esterno in basso e in alto, così da consentire una circolazione d’aria fra rivestimento e isolante. Ciò è molto utile per favorire la traspirazione dell’umidità interna; il sistema evita anche eccessivi riscaldamenti dovuti all’irraggiamento solare.

L’EPS deve essere a ritardata propagazione di fiamma (RF) e l’intercapedine ventilata deve essere interrotta ogni 1-2 piani, perchè non favorisca la propagazione verticale di un eventuale incendio. Il rivestimento esterno può essere costituito da pannelli di legno, cemento fibrorinforzato, plastica, pietra naturale e artificale o metallo. Questi sistemi di isolamento sono generalmente proposti da industrie specializzate; quelli che comportano l’impiego di orditure o rivestimenti non autoestinguenti saranno in generale limitati ad abitazioni separate di 12 piani. Lo spessore dell’EPS prudenzialmente può essere calcolato come se rivestimento e intercapedine non esistessero, si dovrà tenere conto, eventualmente, della riduzione di isolamento rappresentata dalle parti di orditura intercalate all’isolante. Recentemente è stato introdotto un nuovo sistema di isolamento dall’esterno delle pareti verticali, che riunisce alcune caratteristiche di entrambi i sistemi prima descritti. Esso è infatti costituito da elementi di modeste dimensioni (generalmente meno di 0,4 m2), in cui già in fabbrica alla lastra di EPS viene unito un rivestimento (cementizio, plastico, metallico); secondo la natura di quest’ultimo (tarspirante o non), i due componenti sono a contatto continuo, oppure si attua fra i due una microventilazione. Il fissaggio alla parete è di tipo meccanico, con profilati e tasselli ad espansione. Una apposita direttiva definisce prestazioni e metodi di prova di questi sistemi, il cui vantaggio principale è da vedere nella affidabilità dei materiali e del loro assemblaggio, perchè prodotti in fabbrica in conformità alla normativa, e nella facilità di messa in opera, che non richiede maestranze particolarmente specializzate, né soffre di limitazioni per condizioni ambientali particolari all’atto della posa.

L’EPS NELL’ISOLAMENTO DELLE PARETI VERTICALI DALL’INTERNO

L’isolamento dall’interno delle pareti verticali è preso in considerazione soprattutto in caso di interventi sull’esistente, ma anche nel caso di locali ad occupazione saltuaria, in cui interessa ridurre l’interzia termica per ottenere un rapido riscaldamento dell’ambiente. L’applicazione di lastre di EPS a vista sulle superfici interne verticali non è generalmente possibile, per la loro insufficiente resistenza superficiale. Devono pertanto essere dotate di un rivestimento di opportuna rigidità (compensati, perlinature, truciolari, ceramica, fibro-cemento, ecc.).

La soluzione più nota e diffusa è tuttavia costituita dal pannello bistrato, formato da una lastra di EPS accoppiata ad una lastra di cartongesso. I pannelli bistrato hanno di solito una larghezza di 1,20 m e una lunghezza fino a 3,60 m, così da coprire l’altezza di piano con un solo pannello. Il cartongesso ha uno spessore di 9-10 mm oppure 13-15 mm, quando si richiedano resistenze particolari.

L’EPS è generalmente del tipo 1, eventualmente RF. Sono disponibili anche pannelli che incorporano una barriera vapore; è infatti da tenere presente che l’isolamento dall’interno può alterare in senso sfavorevole l’equilibrio termoirgrometrico della parete; la probabilità che in conseguenza si generino condensazioni di umidità all’interno della parete va quindi verificata (p.es. con il metodo di Glaser) e, se necessario, ovviata con l’inserzione della barriera vapore nella stratificazione. I pannelli vengono fissati alla parete con apposite malte e i giunti vengono sigillati e caarteggiati e la parete è così pronta per ricevere la finitura (pitturazione, tappezzeria, ecc.). Se la parete è irregolare o ammalorata, può essere conveniente applicarvi una leggera orditura di legno o metallica, sulla quale fissare i pannelli. In generale comunque si tratta di un metodo di isolamento di applicazione rapida e pulita, oltre che economica.

L’EPS NELL’ISOLAMENTO IN INTERCAPEDINE DELLE PARETI VERTICALI

L’applicazione di uno strato isolante nelle intercapedini delle pareti esterne è la tecnica più diffusa nelle costruzioni degli ultimi decenni, soprattutto in quelle ad ossatura portante in cemento armato e doppio tamponamento in mattoni forati. L’intercapedine può essere riempita completamente, oppure può essere mantenuta anche con una lama d’aria, che eventualmente può essere ventilata.

L’isolante è apparentemente bene protetto; in realtà il parametro esterno, specialmente nelle costruzioni ad ossatura portante, crea spesso problemi di infiltrazione d’acqua. L’impiego di EPS come isolante, dato il suo carattere non igrofilo, è quello che crea meno preoccupazioni per il controllo di queste infiltrazioni, come pure delle eventuali condense di origine interna. Molto pratiche sono le lastre ad altezza di piano, battentate sui lati lunghi, la cui posa è particolarmente celere. Generalmente l’applicazione si effettua sulla superficie interna del paramento esterno. L’ancoraggio reciproco dei due paramenti non va effettuato con attraversamenti di mattoni, ma con tiranti in acciaio inox da 3-4 mm di diametro. Negli edifici esistenti questo tipo di isolamento può essere realizzato insufflando nell’intercapedine perle sciolte di EPS, oppure l’intercapedine può essere espressamente realizzata innalzando un parametro interno dopo l’applicazione dell’EPS alla parete; ciò comporta ovviamente una certa riduzione dello spazio interno. Nelle costruzioni a struttura portante indipendente, l’isolamento limitato all’intercapedine del tamponamento, lascia non isolati pilastri e corree interpiano, con la formazione conseguente di numerosi e importanti ponti termici, che a loro volta provocano all’interno condense, muffe, macchie e altri degradi.

Esistono vari accorgimenti per ovviare a questi inconvenienti. La caratteristica dell’EPS di essere rigido, di forma ben definita e, se necessario, facilmente riducibile alle dimensioni volute, lo rende il coibente più pratico per realizzare questo tipo di isolamento. Attenzione va posta anche ai collegamenti fra i paramenti e lo scheletro, per controllarne i movimenti relativi. Nelle costruzioni minori è peraltro raccomandabile prendere in considerazione il sistema a paramento interno portante, che non presenta questi problemi. Nell’isolamento in intercapedine è sempre opportuno verificare il comportamento igrometrico mediante il diagramma di Glaser, per evitare la formazione di condense nel paramento esterno; se è necessario, occorre inserire una barriera vapore fra paramento interno e EPS. Anche molti componenti di parete della fabbricazione pesante presentano isolamenti in intercapedine. Si tratta di eleemnti in cemento armato di grandi dimensioni, all’interno dei quali si trova la lastra di EPS, con la duplice funzione di alleggerimento e coibentazione; quest’ultima funzione richiede particolari accorgimenti per evitare i ponti termici. Si possono assimilare a componenti con isolamento in intercapedine anche i pannelli sandwich impiegati come tamponamento nei sistemi di prefabbricazione leggera; essi sono formati da una lastra di EPS rivestita su entrambe le facce con lastre di materiali diversi, ad essa incollati. Poichè in questo caso l’EPS determina il comportamento meccanico del manufatto, è necessario impiegare i tipi di massa volumica maggiore.

Le lastre di EPS invece non sono collaboranti nelle costruzioni metalliche con pareti in lamiera grecata, fra le quali viene inserito l’EPS, che può essere quindi di massa volumica inferiore. I tipi di RF sono, come sempre, da preferire. Per completezza si possono ricordare, fra i componenti con isolamento in intercapedine, anche i blocchi cavi con isolanti inseriti. Si tratta di blocchi prefabbricati in calcestruzzo o laterizio con alcuni vani predisposti per ricevere una piccola lastra di EPS (generalmente nelle cavità più esterne). In alcuni tipi le lastre di EPS devono essere inserite all’atto della posa, mentre altri tipi portano le lastre coibenti già inserite.

L’EPS NELL’ISOLAMENTO DI PAVIMENTI E SOFFITTI

L’isolamento dei solai non abitabili è uno degli interventi sull’esistente più facili e più convenienti come rapporto fra costo e prestazione, specialmente nelle costruzioni basse, in cui una frazione considerevole di calore interno si disperde attraverso il solaio sopra l’ultimo piano.